lunedì 5 settembre 2022

Palermo 7 settembre. Poeti in dialogo... al Fresco!, Giovanni e Giuseppina Purpura presentano le loro raccolte.

"Poeti in dialogo... Al Fresco!" mercoledì 7 settembre, alle ore 18, presso il caffè Bistrot Al Fresco di via Matteo Sclafani, 1, a Palermo.

Pomeriggio all'insegna della poesia con Giovanni Purpura, autore della silloge "Anima piena" (Ed. Kemonia), e Giuseppina Purpura, autrice del volume "Donna del Sud. La terra, il cielo e l'infinito" (Ed. La Zisa), che si confronteranno con Concetta Antonia Pagano e Giuseppe Abbenante.


"Donna del Sud – la terra, il cielo e l’infinito" è un titolo che definisce l’orizzonte tematico di questa raccolta, in ogni sua parte. C’è una donna, l’autrice, che ritorna alle immagini della propria vita nella terra di Sicilia dove conduce, tra l’altro, nel tempo, ricerche genealogiche distinte nella sezione I luoghi della memoria. Da immagini di natura, mistero, albe e luoghi storici ripercorsi con gli occhi della mente unita ai sussulti, l’autrice indaga curiosa sulle manifestazioni della vita, sia essa espressa da creature o fatti, oggetti o sensazioni, scrivendo ciò che scopre in questi versi: espandere se stessi verso l’infinito è la soluzione per dialogare con il mondo sempre alla ricerca di armonia. «Adesso, più che mai, guardo la vita con occhi che scrutano per cogliere il senso profondo delle cose e delle vicende umane. Con fogli bianchi e una biro blu immortalo le verità che man mano vado scoprendo e le emozioni che le accompagnano nel desiderio di tendere un ponte fra me e gli altri, fra me e l’eternità». Queste, le parole dell’autrice che svelano il particolare senso della ricerca: un lavorio interiore che matura poco a poco, anno dopo anno, rigenerando come il sole in Un giorno d’estate.


Le poesie  che compongono la raccolta "Anima piena" affrontano diversi temi tra cui l’amore, la natura, problematiche di carattere sociale ed esistenziale. La poesia è intesa dall’autore come teatro virtuale sulle cui scene rappresentare una propria personale interpretazione della vita con lo scopo di indurre il lettore alla riflessione e, se possibile, alla comprensione delle tematiche affrontate. L’autore si esprime con un linguaggio intriso di semplicità e freschezza, che non manca di una grandissima forza espressiva, arrivando così con immediatezza dritto al cuore dei lettori.

martedì 12 aprile 2022

Al via la selezione «E il naufragar m'è dolce in questo mare» delle Edizioni Kemonia dedicata alla figura del grande poeta italiano Giacomo Leopardi


    È aperta la selezione «E il naufragar m'è dolce in questo mare», bandita dalle Edizioni Kemonia, sensibile al tema della poesia e dedicata alla figura del grande poeta italiano Giacomo Leopardi.

    Perché lasciarti unico lettore dei tuoi versi? La poesia nasce in solitudine ma matura nella condivisione.

    Mettiti alla prova, invia la tua silloge di minimo 30 poesie a: kemoniaedizioni@gmail.com (oppure a: Edizioni Kemonia, via Vann’antò 16 – Palermo, Italia, per chi preferisce l’invio cartaceo) entro e non oltre il 31 luglio 2022. Indicare nell’oggetto della e-mail (o nell’intestazione della busta cartacea): Selezione «E il naufragar m'è dolce in questo mare» e allegare un file (.doc o .pdf) insieme ai propri dati (nome, cognome, numero di telefono, indirizzo postale e una breve nota biografica). 

    Un comitato di esperti collaboratori attivi nel panorama poetico italiano effettuerà la valutazione e selezione delle opere più meritevoli.

Per informazioni scrivere a: kemoniaedizioni@gmail.com; o telefonare a: +39 091 5509295 (dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 13,00)

giovedì 2 dicembre 2021

Palermo 11 dicembre, A palazzo Mirto si presenta “Le stagioni dei Florio” di Adriana Castellucci (Edizioni Kemonia)


Palermo 11 dicembre, A palazzo Mirto si presenta “Le stagioni dei Florio” di Adriana Castellucci (Edizioni Kemonia)

 

Appuntamento sabato 11 dicembre, alle 16 e 30, nella suggestiva e prestigiosa cornice di Palazzo Mirto, in via Merlo 2, a Palermo, per l’evento-presentazione del testo teatrale di Adriana Castellucci, “Le stagioni dei Florio”, pubblicato dalle Edizioni Kemonia.

Introduce Giampiero Tre Re. Insieme all’autrice, interviene Valentina Chinnici. Letture interpretative degli attori Enrico Stassi, Maria Teresa Coraci e Nicolò Prestigiacomo. Con la partecipazione straordinaria di Laura Mollica (voce) e Giuseppe Greco (chitarra).

La potenza del mito dei Florio ancora oggi esercita una forte suggestione, radicata com’è in diversi ambiti della popolazione palermitana e nutrita di nostalgia e di rimpianto per quello che la città fu e avrebbe potuto essere. Nella stesura di questo testo teatrale l’autrice non ha scelto alcuna interpretazione storica univoca, sia riguardo ad alcuni risvolti oscuri dell’ascesa dei Florio, sia alle responsabilità del loro crollo, preferendo affidare ad una polifonia di voci e ad una molteplicità di personaggi ragioni e convincimenti riferibili a più punti di vista.

I posti sono limitati ed è obbligatoria la prenotazione inviando una mail a kemoniaedizioni@gmail.com o telefonando/mandando un messaggio (anche WhatsApp) al 3279053186

Ingresso consentito solo con greenpass e mascherina.


martedì 23 novembre 2021

Palermo 24 novembre. “Tutta la città ne parla”. Tre presentazioni (quasi) in contemporanea di tre diversi titoli delle Edizioni Kemonia in tre luoghi diversi della città.

 



“‘Tutta la città ne parla’ è una iniziativa per far parlare della nostra piccola ma molto dinamica e innovativa casa editrice attraverso i nostri titoli. Libri di qualità che vogliono far discutere in maniera intelligente e colta”, scrivono dall’ufficio stampa della casa editrice Kemonia.

 


Si inizia alle 15 e 30, presso l’istituto “Russo-Raciti” di via Tindari 52, per la presentazione del saggio, curato da Mirella Pezzini, “Per noi, sono stati tutti speciali. Una comunità scolastica: la Gregorio Russo di Palermo si racconta”, Edizioni Kemonia.

 

Mirella Pezzini raccoglie, con un filo rosso conduttore, ricordi propri e altrui dei 19 anni vissuti, come dirigente scolastica, nella scuola secondaria di 1° grado Gregorio Russo del quartiere Borgo Nuovo di Palermo. Testimonianze di un clima di lavoro di squadra, intenso, spesso non facile, ma pieno di entusiasmo. Sarà il Faro, simbolo scelto dagli alunni per la scuola; sarà la Cittadinanza, attenzionata e resa vitale, in vari modi; sarà la cura personalizzata ed attenta verso ogni alunno; sarà il coinvolgimento di genitori e territorio a rappresentare il senso di appartenenza e di inclusività di alunni, famiglie e personale tutto. Tante le strategie poste in essere per rendere la scuola una comunità di lavoro sereno e proficuo, da un’organizzazione capillare che sostenga il lavoro in classe ad interventi positivi e rapidi di risoluzione dei problemi, da modalità di approccio affettivo a presenza costante di controllo. Una grande famiglia, un’officina di creatività progettuale, di ambienti di apprendimento motivanti e di riscatto sociale.

 

Intervengono: Sabina Minardi, dirigente scolastico IC “Russo-Raciti”; Gianfranco Amenta, segretario generale “Fondazione Costa”; Sara Inguanta, dirigente scolastico IISS “E. Ascione”; Valentina Chinnici, presidente CIDI e consigliere Comunale. E’ presente la curatrice del volume.

 

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Secondo appuntamento alle 17 e 30 all’'Istituto Gramsci Siciliano, ai Cantieri Culturali alla Zisa, per la presentazione del testo teatrale "Le stagioni dei Florio" (Edizioni Kemonia) di Adriana Castellucci.

 

La potenza del mito dei Florio ancora oggi esercita una forte suggestione, radicata com’è in diversi ambiti della popolazione palermitana e nutrita di nostalgia e di rimpianto per quello che la città fu e avrebbe potuto essere. Nella stesura di questo testo teatrale l’autrice non ha scelto alcuna interpretazione storica univoca, sia riguardo ad alcuni risvolti oscuri dell’ascesa dei Florio, sia alle responsabilità del loro crollo, preferendo affidare ad una polifonia di voci e ad una molteplicità di personaggi ragioni e convincimenti riferibili a più punti di vista.

 

Sono previste, durante l'incontro, delle letture interpretative a cura di Enrico Stassi, Maria Teresa Coraci e Nicolò Prestigiacomo. Presenti, oltre l'autrice, i relatori Felice Cavallaro e Giampiero Tre Re; coordina Salvatore Nicosia.

 

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Ultimo appuntamento alle 18 e 30, presso l’ex Noviziato San Mattia ai Crociferi di via Torremuzza 28, per la raccolta di racconti dell’assai poliedrico Roberto Catalano, “Sette finestre. Sonate brevi della gente viandante, Edizioni Kemonia

 

I racconti all’interno di quest’opera hanno come protagonisti uomini e donne già maturi che hanno preso le loro scelte in gioventù e che hanno visto nel tempo sfumare i loro sogni e le loro aspettative. L’amore nasce, cresce, si impossessa di noi e ci spinge a prendere decisioni che poi però, purtroppo, con il passare del tempo ci lasciano un senso di amarezza e di malinconia per quello che poteva essere e non è stato, per quello che è e che vorremmo che fosse diverso. Alla fine però la forza della vita ci impone di reagire, di trovare in fondo al nostro cuore, nonostante le difficoltà, le incertezze e gli eventi che ci hanno reso fragili, una speranza che ci permetta ancora una volta di essere felici. L’amore si trasforma, si riversa nelle cose che abbiamo costruito con tanta fatica e come una forza travolgente ed incontenibile ci dà la possibilità di andare avanti.

La voglia di essere felici accomuna tutti i protagonisti di questi racconti che però sono costretti giornalmente a fare i conti con i propri dubbi, i propri fallimenti e la fine dei sogni adolescenziali. Il tempo scorre e inevitabilmente siamo costretti a reinventarci e a reinventare tutto ciò che ci circonda in un continuo cambiamento che ci allontana dagli ideali della nostra giovinezza e ci impone di trovare una nuova melodia per la nostra esistenza.

 

Presenta il libro Agostina Passantino. Letture a cura Marzia Coniglio e Alessio Barone. Al pianoforte per alcuni intermezzi musicali Alberto Maniaci. E’, naturalmente, presente l’autore.


venerdì 19 novembre 2021

Correte in edicola e comprate il Corriere della Sera. Leggete l'allegato"7". C'è un bell'articolo sul libro della nostra Chiara Marsala, “Due terre e un cuore – Storia di una ex expat”, Edizioni Kemonia.





 

"Ricorrenze e altre poesie" di Daniela Musumeci, ovvero “un diario d’anima”. Una recensione di Maria Nivea Zagarella


L’universo poetico di Daniela Musumeci nel volume Ricorrenze e altre poesie, che riunisce quattro raccolte di versi editi dal 2006 al 2021, si articola come un denso “diario d’anima”. Un’anima impegnata nella conoscenza di sé e del mondo. Nella poesia Mattino (Chiarìa d’acqua, 2014) si legge che è compito di ogni giorno/ dotare di senso il giorno, ricerca che dalla adolescenza ribelle alla inquieta maturità ha portato l’autrice a interrogarsi, interrogando l’esistere, e a “ricomporre gli eventi”, “riannodare i fili rotti” (Doveri d’allegria, 2006), “incantarsi a tracciare vite,/ eventi,/ sentimenti” (Chiarìa d’acqua), insomma a “narrare” e a “narrarsi“ poeticamente. Il tono prevalente dei testi è discorsivo-riflessivo o descrittivo-narrativo, con esiti sparsi di vibrazioni liriche o di più pugnace denuncia (anche attraverso l’artificio di anafore e iterazioni) là dove l’ispirazione volta a volta si fa confessione intima e abbandono contemplativo, oppure si alimenta di indignazione per le ingiustizie e l’indifferenza/torpore della società: la presene bruttura epocale… benché -scrive la Musumeci- di colpa/ nessuno parli. Nelle prime due raccolte rivive dell’adolescenza e giovinezza della poetessa la stagione esaltante della “contestazione”, con le sue ribellioni alla morale familiare e borghese (E io ricordo -senza più rabbia- la sua paura [del padre] quando andai a vivere nella comune e come allora non ci capivamo), la liberazione sessuale, e la voglia accesa di trasformazione della realtà, esperienze che fra l’altro le dettano i versi sul nomade mago: estasi e strazio nelle viscere… affanno e appagamento, ma a un tempo pure profeta ombroso di idee/lotta, con il quale fruire vernici e verzure, zolle e fogli fra pleniluni di scirocco e piazze piovose annebbiate da spari. Di quegli anni appassionati e illusi in cui amore mestiere e lotta erano tutt’uno rimarranno, nella successiva solitudine normalizzante e normalizzata del quotidiano e della professione (il mestiere di Socrate tuttavia!), le cicatrici non sanate di una profonda frustrazione d’amore (gli amanti sbagliati ondeggiano dentro la candela) e la memoria/rimpianto (li amo tutti i miei amori passati) di osterie calde di bicchieri di vino e caldarroste, di falò e chitarre, del gran piatto conviviale circolare, delle discussioni su pace rivoluzione guerra e amori. Il fuoco ideale di quella fase ha però continuato a permeare di sé la vita della donna/Daniela, come segnala la lunga collaborazione con la rivista Mezzocielo di Simona Mafai e Letizia Battaglia, e ha conservato vigile lo sguardo dell’autrice sugli sviluppi della società creando nel suo vissuto un singolare impasto di geloso “liberato” isolamento (il suo giardino, le sue piante, i suoi animali) e di compartecipe azione nel sociale, l’uno e l’altra integralmente riflessi nella sua scrittura. Colpisce in molti testi il ricorrere (e il titolo del volume Ricorrenze è quanto mai congruo!) del tema della donna  e del sentimento tenacemente coltivato dell’amicizia: tutti gli amici e le amiche che hanno lasciato un’impronta affettiva o ideale vengono ricordati, ma soprattutto figure femminili, determinate nelle scelte e protagoniste di fatto, testarde a suggerire valori, o a tenere desta la lezione del dubbio, come la scrittrice Giuliana Saladino che  -annota la poetessa- osservava,/ ci osservava,/ si osservava/ inesorabile/ e dolce, o ancora, benedette dal carico della profezia, come Simona e Miriam Mafai. La “donna” è ora idealizzata attraverso immagini naturali (Donna); ora chiamata a “testimone” di terribili situazioni storiche, dagli inizi del ‘900 a oggi (Colomba dalle ali impeciate), e di precise battaglie politico-civili (Mexico, Siderea, Partigiane, Compagni, Maestra), compresa la tragica, cruenta, emancipazione dall’autorità paterna e dalla possessività del maschio (Come le Urì, Nell’androne); ora è fieramente celebrata per il suo essere uscita di casa, dal guscio, dal silenzio: donne che scrivono, parlano… s’incontrano… discutono e gridano… fanno. E non si fermano (Le donne scrivono, A un’amica giornalista), o è semplicemente ammirata nel suo dignitoso e “anonimo” profilo quotidiano (l’elegante Signora dal cappello a falde) ma dalla nobile eredità per chi sa raccoglierla: l’appassionato amore/ per alberi fiori animali/ per tutto quanto continua/ a viverle intorno/ ostinatamente. L’attenzione dell’autrice alla contemporaneità focalizza, con opportuna violenza o accoramento di linguaggio e di immagini, anche la mafia (Via D’Amelio 19 luglio 199, Via dei Gergofil estate 1993, Doli pirotecnici) e l’attuale “geografia” della fame e dei conflitti (I cognomi degli dei, Spago, Gaza, Nitrato d’ammonio) con il dramma dei soldati bambini addestrati a tuffarsi nel sangue/ quasi fosse una festa, la diaspora dei profughi, e Beirut la magnificente/ bruciata esplosa. Innumerevoli poi i testi in cui torna il problema dei migranti: dal suonatore slavo di fisarmonica questuante sotto balconi distratti e serrati, al signore tamil impiccatosi perché disoccupato, alle centinaia di innocenti affogati, spiaggiati come pesci avvelenati… asfissiati, o in fila nella tormenta per una gamella gelata, o scacciati con ruspe e gas dai loro attendamenti di fortuna, o morti bruciati nei ghetti per raccoglitori di arance e pomodori: piana molteplice di innominato assassinio- scrive la Musumeci con riferimento al fatto di cronaca che coinvolse nel 2017 immigrati dal Mali. E affiancati a loro gli operai morti sul lavoro (Mater matuta) su una terra di infamia/ e d’infame vergogna, e la distruzione dell’ambiente e del pianeta che “soffoca” per una violenza esercitata brutalmente alla pari su altri uomini e sulle creature della natura (Piango l’innocenza dei castagni, Tiglio, I can’t breathe). Ma “oltre” tutto questo, e in oppositivo ribaltamento, la poetessa nutre nella sua anima una fame e una sete di bellezza (Da qui nessun altrove) e una nostalgia etico-religiosa della vita pregna di se stessa (Dialogo dell’anima col suo angelo) che la fanno indugiare, talora in una sorta di catalogo-inventario supportato dalla tecnica dell’haiku, su aspetti, esseri, momenti del mondo naturale: dal suo giardino e cani e gatti amati alla Sicilia marina e montana nel variare delle stagioni; o su frammenti di vita quotidiana isolati nella loro nuda, e anch’essa confortante, semplicità. Importanti dunque l’abbondante nominazione, che è conquista spirituale, di piante (eucalipti, acacie, ibisco, gelsomino, pomelie, magnolie, buganvillea, glicini, viole, peonie e, più intensamente, placidi castagni, docili ulivi, ingenui albicocchi, larici azzurri…) e di animali (gabbiani, rondini, tortore, falchi, merli, quaglie, tordi, passeri, civette, volpi, lepri, usignoli…) e tutte -come le chiama l’autrice- quelle pause verdi che aiutano e insegnano a sapersi/ ed essere/ nel sapore delle cose. E non mancano vaghezza di squarci e pregnanza di senso nella descrizione: foglie di tiglio in controluce, tremolio di germogli, la luna che s’accomoda addosso a mo’ di scialle straccetti di nuvole spente, il mare che trema per vene e dita di luce, il mattino stillante di uccelletti appena svegliati, i sentieri croccanti di ricci di castagne, l’aria d’agosto percorsa da zirli, frulli, ronzii, il bosco che fuma per vapori terragni, le Eolie di sapida salsedine, l’Etna che ora è spumoso di neve fresca, ora esplode incandescente fino alle placide stelle, ciliegi, mandorli e meli che danzano al grecale come gonne fiorite di ragazze… Di contro  a tutto questo un mare oleoso invece e una terra arsa e piagata dall’uomo. Allo stesso modo con una città, dove l’aroma languido dell’oleandro non riesce a soffocare le flatulenze della spazzatura, le motorette ruggono in rotta e ossessive conturbanti sono le ululanti sirene antifurto, contrastano il campo setoso che attende cuccioli e bambini ruzzolati nel sole/ cantando fra le spighe, le mani intrecciate di tre amiche che cantano una canzone, il guizzo furbo di un bambino/ allegro tra gli scogli, favole e racconti che a Natale crepitano attorno al focolare per la meraviglia dei piccoli, il bimbo chino sul foglio che all’asilo disegna un universo di meraviglie/ inconsapevole della sua potenza, le finestre illuminate per il desco condiviso o vezzose come spose/ agghindate con gonfi veli/ di lino ricamati, aperte su una quieta domesticità che fa confessare all’autrice che sempre [le] s’aggroppa in gola/ una remota nostalgia di gioie altrui/ sconosciute o desuete. E ancora tutti i fruscii e bisbigli presenti nella poesia Fruscii: di un dito sulla corda di una chitarra, delle labbra di un bimbo che sogna/ oppure di un vecchio che racconta, fruscii di pagine scorse, di panni distesi, di petali, di una matita su un foglio, di semi (reali e metaforici) sotto la zolla, possibili a udirsi solo se si impara a ignorare il rumore, e che sono nella loro piccolezza e proprio per la loro piccolezza  risacralizzazione dell’esistere. La gnome finale è infatti significativamente riassuntiva e propositiva: Sono sussurrati i nomi della libertà/ urlate le gerarchie del potere./ Tu, ascolta i fruscii. Si avverte nell’insieme dei testi di Ricorrenze, attraverso la struggente e intenerita panoramica fin qui vista -struggente e intenerita per l’altalena assidua dell’anima della Musumeci, nel confronto col reale, fra slanci e disincanto, tenaci riprese e nuove inesorabili delusioni (la desolazione che dilaga [è] landa senza direzione)- si avverte, dicevo, la voglia di innalzare e assorbire l’esistenza nella dimensione di una “certezza” di trascendenza, quel regno della quietudine cui si è avviato morendo papa Woityla (Ad una morte felice). Regno che quanto ai destini sulla terra, di fronte al mistero del dolore, addita il segreto della croce, che viene definita offerta di sostituzione, rilucente di compassione, oltre che segno smagliante di equità. E in questa direzione si sviluppano ne “La quinta dimora” la sezione Quinta dimora: stanza di vigilie e in “Chiarìa d’acqua” la riscrittura del Cantico delle creature, dove si chiede che ogni gesto di dono/amore verso l’altro sia preghiera fino al momento in cui -scrive la poetessa- si dissolva il mio io/ nella pallida ombra di Dio. E tuttavia questo esito ultimo sembra più una accorata invocazione a se stessa e a Dio (Convalescenza) che un approdo concluso, rispetto invece all’intuitivo appagante franare e “disciogliersi” e tornare, attraverso la morte, nel ritmo pur esso divino, universale e ciclico, della vita cosmica, come paiono segnalare, fra gli altri, i testi Palingenesi, Cercatemi, Ti discioglierai, e la poesia Omaggio a Santoka che chiude il volume, nella quale l’interrogativo: E’ mia quest’ombra che dilegua nella sera?, sembra addensare solo, e dolorosamente, domande irrisolte.

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lunedì 8 novembre 2021

Le Edizioni Kemonia inaugurano la loro nuova collana di teatro Skené con l'opera di Adriana Castellucci, "Le stagioni dei Florio. Scene per un allestimento teatrale", pp. 136, euro 13,90

 


 

 

Chi furono veramente i Florio e cosa significò la loro presenza per Palermo? Filantropi illuminati e colti mecenati, volti al bene comune, oppure cinici sfruttatori di una classe ope­raia, ancora inconsapevole dei suoi diritti? Arrampicatori sociali, adeguatisi al modello aristocratico, o dignitosi imprenditori, portatori di un’etica borghese? Megalomani dissipatori del patrimonio familiare oppure vittime dell’inarrestabile concentrazione capitalistica del Nord?

E come la città aveva guardato alla loro scalata? Aristocrazia, borghesia nascente, strati popolari avevano colto le opportunità del processo di modernizzazione da questi avviato? Quanto alla mafia, il rapporto fra la criminalità organizzata e i Florio si era configurato come quello fra estorsore e vittima o c’era altro in gioco?

Senza dubbio, nella memoria storica di Palermo, la potenza del loro mito ancora oggi esercita una forte suggestione, radicata com’è in diversi ambiti della popolazione palermitana e nutrita di nostalgia e di rimpianto per quello che la città fu e avrebbe potuto essere.

Nella stesura di questo testo teatrale l’autrice non ha scelto alcuna interpretazione storica univoca, riguardo sia ad alcuni risvolti oscuri dell’ascesa dei Florio, sia alle responsabilità del loro crollo, preferendo affidare ad una polifonia di voci e ad una molteplicità di personaggi ragioni e convincimenti riferibili a più punti di vista. D’altronde, la complessità e le contrad­dizioni di questa “dinastia”, nei suoi aspetti pubblici e privati, ne sono la cifra costitutiva, il che la rende aperta ad ogni interpretazione critica e, pertanto, affascinante sul piano teatrale.

 

Adriana Castellucci, nata a Palermo, dopo la laurea in Lettere ed il corso di regia teatrale presso la “Teatés” di Michele Perriera, si trasferisce a Torino, dove svolge la sua esperienza lavorativa per trentotto anni, coniugando l’attività artistica con quella didattica nell’ambito di laboratori teatrali rivolti a studenti liceali ed universitari. Redige i testi e firma la regia di diversi spettacoli, tutti di impegno civile e a sfondo storico, replicati più volte, generalmente in occasioni ufficiali, talora istituzionali, anche in diverse città d’Italia e all’estero, coinvolgendo trenta-quaranta giovani attori per ciascun allestimento: È fatto giorno sulla Resistenza in Europa; I segni dell’offesa sulle leggi razziali e Shoà; Volevamo la luna sul Sessantotto; Altiero Spinelli: una vita per l’Europa sull’impegno europeista; Mauro Rostagno, un uomo vestito di bianco sulla lotta alla mafia; Camicie rosse sull’epopea dei Mille; Il volo del giovane falco su Federico II di Svevia; Olympe de Gouges. Io sono la mia opera sull’emancipazione femminile. Progetta, dirige e conduce per cinque anni consecutivi, con una compagnia attorale, una serie di lezioni-spettacolo di Storia del Teatro rivolti a diversi licei torinesi. Collabora, in qualità di consulente storica, con l’Associazione Viartisti di Torino alla stesura di due testi, Processo a Garibaldi e Processo a Kennedy, rappresentati al Teatro Carignano di Torino. Nel gennaio 2018, rientrata a Palermo, continua a svolgere la sua attività artistica, conducendo il laboratorio teatrale di un liceo cittadino. La pandemia da Covid-19 interrompe questo suo impegno, ma non quello della ricerca storica e della scrittura drammaturgica. L’opera Le stagioni dei Florio ne è il risultato.